In un recente post pubblicato sul sito di BI Health (valorizzare i dati), viene posta una serie di interessanti questioni sulla disponibilità, la completezza e l’utilizzo dei dati in possesso delle strutture sanitarie. Le domande sono, in estrema sintesi:
Le organizzazioni che operano nel settore della salute dispongono di dati sufficienti a supportare la pianificazione, il controllo e l’ottimizzazione delle proprie attività?
Questi dati sono effettivamente utilizzabili in modo semplice ed efficace?
Vengono realmente utilizzati? E se no, perché?
Immaginiamo che le risposte ai suddetti 3 quesiti sorgano spontanee a chiunque operi nell’area del trattamento delle informazioni in sanità:
SÌ
No
NO (con ampia discussione sui perché).
A tale proposito, crediamo però possa essere interessante proporre ancora qualche ulteriore spunto di riflessione, senza la presunzione di giungere a conclusioni definitive, ma con l’obiettivo di stimolare una discussione su un tema che riteniamo diverrà sempre più critico nel prossimo futuro, quando dovremo assicurare sostenibilità al sistema sanitario senza diminuire la quantità e qualità dei servizi resi al cittadino. Analizziamo innanzi tutto le prime due questioni, rinviando ad un contributo successivo la terza, certamente la più complessa.
La Pubblica Amministrazione dispone di dati sufficienti a supportare la pianificazione, il controllo e l’ottimizzazione delle proprie attività
Questi dati sono effettivamente utilizzabili in modo semplice ed efficace?
Crediamo che il punto fondamentale sia questo: finora tutti i sistemi informativi sono stati pensati in chiave gestionale, cioè per automatizzare specifiche aree verticali. Non che questo non debba essere fatto, ovviamente, ma all’atto della loro acquisizione e strutturazione, i dati dovrebbero essere già concepiti come un bene aziendale “diffuso”, non funzionale e accessibile solo dalla singola applicazione attraverso cui viene generato.
Dovrebbe essere quindi garantita da subito, alle organizzazioni sanitarie, la possibilità di disporre autonomamente e liberamente di tutte le informazioni raccolte con i vari sistemi gestionali, senza dover chiedere ai rispettivi fornitori cortesie (raramente concesse a fronte di grossi debiti morali), ovvero interventi specifici (con tempi e costi da negoziare).
Basterebbe allora inserire nei capitolati di gara, tra i requisiti progettuali, la richiesta
– mandatoria – di rendere sempre disponibili le informazioni acquisite dal relativo gestionale attraverso il libero accesso a strutture dati aperte, con standard dichiarati e fatti salvi ovviamente tutti i requisiti di sicurezza e privacy.
Si ovvierebbe così automaticamente al problema delle “basi dati verticali/proprietarie che non parlano tra loro", garantendone a monte la piena accessibilità, leggibilità e integrazione. Un esempio su tutti possono essere le informazioni associate ai PDTA (Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali). Tali informazioni provengono da un gran numero di fonti diverse, in termini di applicativi gestionali, ma una loro visione integrata consente di correlare, in un unico percorso logico, tutte le prestazioni erogate ad una coorte di pazienti affetti da una specifica patologia, dalla presa in carico all’esito, e di analizzare i punti di dispersione in termini organizzativi, prestazionali e amministrativi. Ciò consentirà di passare da una visione dipartimentale, impostata su applicativi puramente gestionali, a una visione centrata sul paziente e sui suoi bisogni complessivi, analizzando in modo integrato le informazioni che lo riguardano, a prescindere dalla loro provenienza, ed efficientando il sistema agendo in modo mirato sulle specifiche esigenze organizzative o operative.
La lettura integrata dei dati è proprio quanto BI Health si prefigge di realizzare a supporto dei decisori e degli stakeholder del mondo healthcare, accompagnandoli nel difficile percorso di coniugare la qualità delle cure con la sostenibilità del sistema.